Nicola Ferrari (Mantova), vive accanto ai bambini e alle persone in lutto.
Si occupa, riguardo l'esperienza della perdita, di formazione, ricerca e nuove metodologie di supporto (mariabianchi.it).
E' estremamente appassionato di J.S. Bach, Glenn Gould, Emily Dickinson, Vincent van Gogh.
Scrive, pubblica.


Riccio


Se quando leggevi le strade 
sono restato a guardare
senza tenerti stretta la mano,
è perché mi somigli.
Sei il riccio che difende la castagna, 
ma le tue spine accarezzano.

                                                   Lando Ferrari

Mio papà, negli ultimi anni di vita, ha scritto e pubblicato in un libro autoprodotto, una serie di poesie.
Questa racconta come lui mi viveva, il suo modo di amarmi e il nostro di rapportarci.
Sin dalla prima volta che l'ho letta, in maniera del tutto spontanea, il riccio della castagna, cioè il frutto, è diventato in me il riccio animale. E' successo subito, in modo automatico, senza pensarci, naturalmente.
Da allora, e sono passati vari anni, il riccio animale è ciò che mi rappresenta, in cui mi ritrovo e mi definisco, e a dirla tutta su questo concordano tante altre persone. Mi sono addirittura tatuato una frase della poesia, raccolgo ricci di vario materiale come piccola collezione e cose così.
Mi sono sempre chiesto perché si è creato questo spostamento in me: da riccio frutto a riccio animale. Ho due spiegazioni a proposito.
La prima è che c'è comunque una certa somiglianza: come il riccio frutto protegge ciò che ha al suo interno, così fa il riccio animale quando si sente in pericolo o invaso chiudendosi.
La seconda invece si riferisce alla diversità: il riccio protegge la castagna, la parte buona, da mangiare; l'altro riccio no, non ha altro da proteggere se non se stesso. Ed io, che ho varie difficoltà con tutto ciò che per la mia vita è buono, bello e vero e con il cibo che si ingurgita, vivo come molto faticoso riconoscermi nel riccio frutto. 
Propendo quindi per la seconda spiegazione.


Share by: